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«Se tutto il mondo va da una parte e tu dall’altra, chi è nel giusto, tu o tutto il mondo? E quand’anche fossi tu il solo ragionevole, varrebbe la pena coltivare questa unicità? Non sarebbe più saggio abbandonarla e cambiare direzione per seguire il mondo?»
«Essere unici è il solo modo di essere autentici. Ed essere autentici è la sola via che conosca per essere felici.»
«Non dovrei cambiare?»
«Un cambiamento forzato non è affatto un cambiamento.»
«Cos’è?»
«Annullamento.»
«E allora cosa dovrei fare? Il mondo è un oceano di meraviglie, e io un pesce fuor d’acqua che desidera volare.»
«Negare la tua natura non ti farà che sentire più ancorata alla solitudine. Prendine coscienza, piuttosto.»
«Mi spiace, non ci arrivo…»
«Pesce e sognatrice. Sei nata per nuotare in profondità, non avere paura di tuffarti: sfuggi alle tempeste che imperversano e ti sballottano in superficie, impara a fiutare gli squali e a non farti incantare dalle sirene, raccogli l’inesplorato fondale della vita. Amalo, fecondalo con i tuoi sogni, diventa meraviglia!» Sollevò la testa verso il bianco nebuloso del soffitto. «Amati, Francesca, e chissà… un giorno il mondo imparerà a volare e tu sarai il suo cielo.»
«Caspita… Sei un filosofo o un poeta, Effedì?»
«Nessuno dei due, ma mi sarebbe piaciuto.» Sul suo non-volto sembrava intravedersi un vago sorriso.
Aiutò la ragazza ad alzarsi dal pavimento: un’inutile panchina ricomparve nel punto in cui si erano seduti per riposare cullati dal violino e loro ripresero a camminare fra file e file di automi in divisa. Controcorrente.

(Da “Gocce di rugiada in un mare di noia”.

ho dormito poco, ero inquieto dopo una giornata con poco dentro . . . . mi sono accorto che quello che ci tiene in vita oltre una buona e stabile salute o una capacità di guarire da acciacchi vari E' e resta l' affetto, la passione, lo studio voluto e amato e soprattutto l' amore sincero, dichiarato, fattivo e coerente . . . . se no tutto si perde nel fosso dell' indeterminazione, dell' annichilimento del ricordo flebile e scaduto in poco tempo . . . . . quindi bisogna proprio amare, insegnare ad amare e lasciarsi andare . . ma quei marpioni ecclesiastici che hanno capito quanto ci sia necessaria la certezza del dopo morte, ci costruiscono attorno spiegazioni contraddittorie ma efficaci per tenerci legati a loro, ma anche LORO devono fare i conti con le stesse cose nostre . . .quindi in campana, Dio non fa sconti a nessuno, perchè bisogna scoprirlo ognuno in noi, io questa notte sono stato per un po' ateo, ma sono stato anche male per ciò, oggi col sole che nasce, sento meglio quanto può essere interessante vivere . . . basta ho detto !!!!

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LIBRI

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A onor del vero, aggiungeró romanticismo a questo racconto. Che la vita fa sempre di tutto per farmelo trattenere e allora si accumula e inizio addirittura a mescolarlo al sudore, trasudo dolcezza. 
A onor del vero, in ogni caso, un incontro è un incontro, un semplice fatto di vicinanza, reale o fittizia. Ma il segreto sta negli occhi, e non solo di chi guarda. 
Ho incontrato un postino. Sotto una tenda a righe di un bar chiuso per ferie. Abbiamo condiviso la sciagura di trovarci in giro, in una Brescia dimenticata anche dai turisti, a bordo di due ruote. Io sulla mia bicicletta fidata (a tutto dire, la mia migliore relazione d’amore dai 20 anni a questa parte...), lui in motorino, arredato di pacchi e lettere in pronta consegna. La sciagura, dimenticavo, scendeva dal cielo in gocce talmente pesanti da suonare un rumore di stoviglie sull’asfalto, assordante.
Lo spazio è piccolo, siamo in quattro gambe e quattro ruote. Quattro occhi. Un pó di sorridente imbarazzo. Peró siamo al sicuro. 
Davanti a noi passa correndo il nostro argomento dei seguenti 5 minuti, prima che il temporale si plachi e ci si possa salutare. Corrono tenendosi per mano, un ragazzo, una ragazza, sotto le stoviglie d’acqua battente. Sono giovani. Corrono fingendo di cercare riparo. Quattro occhi, i loro, che si guardano schiamazzanti. 
“A quell’età ci si tiene per mano per paura che l’altro scappi. Poi si invecchia e ci si dimentica di tenersi per mano...” 
(Ammetto licenze poetiche in questa zona di racconto. La voce del postino è quella di un cinquantenne attempato che aveva fumato da poco, con marcato accento bresciano che poco ha a che vedere con la delicatezza di quel momento, ma questo è solo per onor del vero. Dimenticate questo dettaglio. Fate come me... l’avevo già quasi del tutto rimosso...)
- “Quanto è bella la gioventù...”
Il postino è malinconicamente banale...
- “Quindi da giovani ci si tiene per paura, da grandi ci si allontana per dimenticanza... c’è un tempo di vita in cui qualcosa di buono puó accadere?”
- “Io faccio il postino da più di 30 anni... una volta consegnavo lettere d’amore.” Mi non risponde.
Credo di aver sfoggiato la mia espressione più annoiata e desolata. 
- “È un peccato che ci si dimentichi. È un peccato illudersi che il bello sia sempre già passato”. Mi viene solo questo da rispondere, un pó stizzita, a onor del vero. 
Avevo trovato così romantico quello spazio di protezione, il rumore di stoviglie sull’asfalto, gli schizzi di fresco sulle caviglie gonfie dell’estate, il passaggio di occhi che ancora ci credono che tenersi per mano sia il gesto d’amore e di vicinanza più intimo di un orgasmo. 
(Me la so sempre comunque raccontare...!)
Le stoviglie dal cielo si acquietano e siamo pronti a ripartire. 
Un saluto cordiale ed educato, ma poi mi è scappata dalla bocca una domanda e...

- “Caro postino, ma lei, da quanto tempo non scrive una lettera d’Amore?”
- “A onor del vero”, mi risponde, “non l’ho mai scritta”.

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il caso non esiste

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