Poche balle: chi è il depresso? E' fondamentalmente colui che non viene riconosciuto per quello che crede di essere !
Per questo motivo e anche per altri, inscena una rappresentazione di sè che vuol essere un messaggio: " curatevi di me, amatemi, rispettatemi, applauditemi, se no non riesco ad apprezzare la vita . . . . "
Quando è che la rappresentazione diventa disturbo e poi forse anche malattia? Quando nasce spontanea nel proprio sentire quotidiano e niente riesce a rimuovere questa sensazione, quando la salute, l' insuccesso, l' indifferenza o a volte il dispetto e l' odio la innescano . . . .
Va detto che questo tipo di manifestazione di sè può essere oscillante e facilmente rimuovibile o modificabile . . . quando invece diventa la modalità principale, allora c' è da preoccuparsi anche per chi sta intorno al depresso e si preoccupa per lui . . . .
dunque cosa fare, una volta evidenziata questa tendenza dell' individuo:
- prenderne atto e considerarla come una realtÃ
- suggerire o richiedere atteggiamenti fattivi comunque
- cercare di dire sempre la propria verità al soggetto, ma senza abbandonarlo a se stesso, ma suggerendo modi di fare, di reagire, di scoprire aspetti che la depressione non permette di intravvedere . . . .
incentiva cio che ti riesce, autolodane la grandezza e la bellezza, reitera ciò più spesso che puoi . . . . ma FONDAMENTALE, non pretendere che lo facciano gli altri che ti frequentano, ti sopportano o ti combattono o infine ti trascurano . . .
alla fin fine, caro amico mio, la vita scorre fino in fondo comunque e gli altri potranno, dalla tua storia e dai tuoi accadimenti trarre spunti, insegnamenti e ispirazione per le proprie azioni e scelte . . .quindi se sei un Narciso e senti che non ti si apprezza come vorresti, sappi che inutile non lo sei comunque . . . .
altra cosa è ahimè essere stato oggetto di violenza e di sopraffazione e quindi rispondere con depressione a ciò . . . ma, come dice il mio medico, si vive anche con le cicatrici, senza far pagare ad un altro ciò che è stato fatto a te . . . .
quindi, se puoi, non prendere farmaci, non ti drogare, ma celebra ogni giorno la bellezza intrinseca della tua vita e soprattutto fa dei tuoi difetti una ragione di esercizio e di affinamento . . . . . vedrai che anche lo stato di depressione sarà ridimensionato grandemente e si potrà chiamare d' ora in poi RESILIENZA !!!!!!
confessionale:
l' età , la salute, amicizie, sentimenti, voglie, pretese, apatie, indifferenze, malintesi e incomprensioni, riscrittura quotidiana di autostima e noia della ripetitività automatica, ideali, discussioni, convinzioni, difficoltà di interazione e comprensione, invidie, gelosie, insoddisfazione, danni e guadagni, rabbie e introiezioni, sensi di colpa o inadeguatezza, sbagli colpevoli o maldestri, innocenza altrui o ristrettezza di vedute . . . . insomma la complessità del vivere insieme e schermati, bugiardi o rassegnati, sottovalutati più o meno giustamente, ininfluenti presso le generazioni insieme alle quali conviviamo . . . . tutto questo sviluppa e incide ferendoci l' anima e la mente, un senso di depressione conscia o latente, oscillante o disperata, degenerabile o remissibile . . . quindi senso di essere in trappola senza rimedio!
cosa ci può consolare o addirittura tirar fuori e salvare?
Cosa rende il dolore elemento indispensabile, la contrarietà e la contraddizione accettabili e normali per così dire ?
Come integrare nel proprio essere le cose peggiori, perchè diventino o interagiscano costruttivamente con le migliori, sempre che ci siano?
dipendere da sè e non da altri, fingere spudoratamente e colpevolizzare i vicini a sè, provocarne la rovina o la degenerazione, senza provare pentimento o perplessità . . .
o p p u r e
fare atti di fede sinceri,
combattere per combattere,
allenare la volontà , l' intelligenza e la capacità ,
ammettere semplicemente le inadeguatezze, ma fare qualcosa per attenuarle o modificarle o addirittura superarle,
vivere ringraziando e spargendo la propria impronta, anche con le prese di posizione,
dare importanza a chi è diverso da te o prestare il proprio talento e metodo a chi ne faccia richiesta,
chiudersi nella solitudine, senza desiderare la compagnia,
lasciar vivere, ma non ignorare mai le altrui realtà ,
determinare e determinarsi, determinando,
allontanare e allontanarsi, allontanando,
scambiare, scambiarsi, scambiando,
lasciare sempre aperta la porta del meglio e del massimo, chiudendo a chiave la porta del preteso e del predatorio . . . .
amare nel modo più diretto e semplice possibile, perdonandosi di non esserene quasi mai capace . . .
andarsene definitivamente senza lasciare debiti e irrisoluzioni, ma anche accettando di andarsene senza per forza aver risolto tutto!
Ascoltare la MUSICA delle voci altrui, delle speranze, dei piaceri o sentimenti . .
coordinarsi con gli esseri viventi per sviluppare l' ecologia del senso di vivere insieme e per lo stesso fine: LA GIOIA DEL MATTONE !
E SOPRATTUTTO FAR RICORSO APPENA RIESCI ALLA TERAPIA
DELL' ALLEGRIA
emetos
se il Signore non costruisce la città , la costruzione di un amore, ottuso come un mattone!
. . . seduto con le mani in mano sopra una panchina fredda del metrò . . . . Seduto a fianco del monumento ai caduti e ai dispersi militari e civili delle due guerre mondiali, leggo i cognomi e i nomi e mi domando se c' è uno o più perchè, oppure se il senso è meglio non cercarlo . . .
Allora anche lo scrivere queste cose è una attività superflua e mandare a mente la canzone che esce dalla radio o lo sbirciare i vecchi oggetti sulle bancarelle del mercatino che in parte ho usato nel mio passato, è cosa inutile! ?
Solo me ne sto alla finestra oggi è un giorno in bianco e nero, pioverà . . .
Case, strade, regole, elezioni, comizi, messe e facce ignote, ecco emerge piano piano dai fondali rispettoso della decompressione il senso affettivo . . . . . che alberga in tutti noi: la speranza di un futuro migliore, la volontà di iniziativa e anche la voglia di rompere le balle o di forzare l' inerzia delle abitudini. A che serve dunque scrivere, pensare, poetare, cantare?
E' l' unico modo forse di ingannare quel tiranno del tempo, quel ghigno della morte che mi indica e mi dice dalle orbite vuote: " oggi scelgo te !"